Congo: la maledizione del cobalto

Per salvare l’umanità dalla violenza della crisi climatica occorre intraprendere un percorso di transizione sistemica il più velocemente possibile. Ma per non rischiare di lasciarsi dietro una scia di disuguaglianze, povertà e ingiustizie è fondamentale seguire il principio della giustizia climatica.

Un esempio lampante di cosa si rischia che accada è il Congo. In Congo si produce oltre il 60% del cobalto mondiale: è qui che si assiste a una corsa all’oro condotta nella più assoluta deregulation.

Il cobalto, insieme al coltan (anch’esso in gran parte estratto dal Congo) è il materiale alla base delle batterie che alimentano le auto elettriche (oltre che i nostri smartphone). Per produrre una batteria servono circa 9 kg di cobalto, questo ha fatto impazzire la domanda di questo materiale.

I minatori lavorano in condizioni estreme, sterrando con mezzi rudimentali, infilandosi nei cunicoli per riportare alla superficie qualche chilogrammo a mani nude con paghe giornaliere che non arrivano a 2 dollari.

Moltissimi sono i bambini (40.000 secondo l’Unicef): più agili e brevilinei, si muovono con facilità all’interno delle strettoie. I minatori sono esposti a livelli molto elevati di sostanze tossiche che provocano alta incidenza di malattie respiratorie e cardiache, patologie della pelle e neurologiche, gravi malformazioni nei neonati, per non contare gli incidenti in miniera che causano morti. Vite miserabili.

Questo è quello che succede se si lascia che la transizione sia guidata dagli interessi economici delle grandi multinazionali, che possono godere di enormi contratti stipulati in situazioni di guerra, controllo armato e oppressione.

È indispensabile che le istituzioni internazionali si facciano avanti con un piano serio e determinato di ricostruzione del sistema. Un progetto che abbia in prospettiva la salvaguardia dei diritti umani di tutte le persone, in particolare quelle più deboli, e l’azzeramento globale delle emissioni di CO2 entro il 2050.

Non si potrà mai chiamare futuro se non sarà giusto ed uguale per tutti. Partecipa alle mobilitazioni del 25 settembre e del 9 ottobre per ribadire alla politica che non staremo a guardare.

Scendi in piazza. Fai sentire la tua voce. Prossimamente in tutte le piazze d’Italia e del Mondo.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!