– “Voi giovani siete il futuro, la nostra speranza” continua a ripetermi mia nonna con tono rassicurante.
– “Sai nonna, il mio futuro puzza di fumo”.
– “Mannò, quelle sono le patate a forno, significa che sono pronte”, si intromette mia madre per tagliarla corta.
Mi aveva chiesto di non intavolare l’argomento durante il pranzo con i parenti, “per una santa volta!” .
Aiuto nonna a sparecchiare e non appena portiamo a tavola il secondo, si eleva la voce innocente e ridacchiante di Davide, il mio fratellino:
– “Mamma… le patate non erano pronte, erano proprio carbonizzate. Se è questo il nostro futuro, non è che siamo messi benissimo eeh”.
– “Stai tranquillo Davide, Marco sta studiando scienze diplomatiche. Quando diventerà grande farà il politico e risolverà il problema mettendo tutti d’accordo.”
Ecco che si riapre l’argomento. Nella mia testa però non si era chiuso per un momento. Di qualsiasi cosa avessimo parlato, la mia mente lo collegava all’emergenza climatica: i vestiti nuovi che sfoggia mia cugina, i commenti sulla squisitezza del maialino morto, l’aereo che deve prendere mio zio per andare a trovare mio cugino a Milano, il caldo torrido e tropicale di cui si lamenta la nonna, la grandine improvvisa di fine luglio che ha distrutto l’orto del nonno…
E poi, non ce la faccio proprio a stare zitto. Caparezza mi ha insegnato che il silenzio è dei colpevoli, e ho imparato da me che le illusioni creano delusioni; non voglio far abbindolare mio fratello come sono stato illuso io. Per anni mi hanno detto che se avessi fatto il bravo, lo studente obbediente e disciplinato, mi sarebbe aspettato un buon lavoro e un futuro roseo.
“E la terra che stiamo distruggendo?” “Stai sereno, c’è chi viene pagato fior di quattrini per garantire la nostra sicurezza e prosperità [ndr. i politici], e loro hanno il problema sotto controllo”.
– “No nonna, io ho ancora vent’anni, non è che possiamo aspettare fino a ché io non finisca i miei studi e diventi un politico.”
– “Infatti! Il tempo che avevamo per agire è già scaduto”, dice Davide con lo stesso tono del bambino che grida che il re è nudo.
La sua frase mi pietrifica un attimo. Spesso gli parlo dello stato del pianeta, ma ho sempre cercato di non proiettare su di lui la mia ansia per il futuro che ci viene prospettato. Mi perdo nei miei pensieri e non ricordo di avergli mai detto che il tempo è finito!!
Quando torno con la mente sul posto, trovo gli occhi di mia madre che mi fissano male. Non so se è per quello che ha appena detto mio fratello più piccolo, o perché abbiamo ripreso l’argomento. Ma ho bisogno di continuare a parlare per dire che ciò non è vero.
E così inizia la mia pippa:
– “Aspe’… non è proprio così. Abbiamo sì fatto alcuni danni irreversibili ai quei sistemi che permettono la vita sulla terra, ma possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori. E poi è appena uscito il report degli scienziati di tutto il mondo e dice che, grazie a dei miglioramenti metodologici, si sono resi conto che non abbiamo 6 anni per finire il Carbon Budget, ma 7.”
– “Sette anni, come me!” grida quasi entusiasta Davide.
– “Ehh soccu? Il carbon bagiet?” mi chiede mia Nonna.
– “Sì, è il bilancio di carbonio. La scienza sul clima si è consolidata così tanto che riesce a predire, con un certo grado di certezza, quanto possiamo ancora inquinare prima che supereremo una soglia critica. Agli attuali livelli di emissioni, in sette anni avremo esaurito i due terzi di probabilità di restare dentro gli 1,5°C di riscaldamento. Poi se riusciremo a starci dentro o no sarà come il gioco della moneta: testa o croce, cinquanta e cinquanta.”
– “Aaah ma allora è questo che dice la locandina al forno da Filippo?”
– “Sì nonna, fa parte della campagna dei Parents For Future per istruire sul ‘bilancio di carbonio'”
Mi guardo intorno, mia madre continua a fissarmi. Gli altri restano in silenzio, come ne volessero sapere di più
– “Il primo momento migliore per agire era 30 anni fa -quando né io né Davide eravamo ancora nati- ma il secondo è domani”.
– “E tu, cosa penseresti possiamo fare NOI, domani?” chiede mio zio.
Ecco che arriva la fatidica domanda. Me l’aspettavo… dopo aver chiarito che i cambiamenti climatici sono reali e già in atto, ma che non è troppo tardi per fermarli, arriva sempre qualcuno che in modo altezzoso o disilluso chiede cosa penso di fare. È un copione che ho recitato così tante volte, che ormai ho la risposta pronta:
– “Non hai detto che devi andare a Milano? Per iniziare domani possiamo acquistare i biglietti del treno notturno”.
– “Prendiamo? E tu che devi venire a fare? E perché il treno?”
– “Inquina dieci volte meno dell’aereo, e almeno pagano le tasse sul carburante che bruciano. La prossima settimana a Milano ci saranno tutti i potenti del mondo”.
– “E tu fai già parte di quelli?”
– “Nono, ma dobbiamo farci trovare pronti.”
– “Aah certo. E che vengono a fare tutti i governi del mondo a Milano?”
– “Sto cercando di capirlo anch’io. È da 26 anni che si riuniscono annualmente dicendo che vogliono negoziare sul come uscire dalla crisi climatica ed ecologica.”
– “Vedi allora che se ne stanno occupando?” risponde mia nonna con il consueto tono rassicurante.
– “Macché! nel 2015 a Parigi hanno raggiunto un accordo, e solo 1 stato su 196 lo sta rispettando.”
– “E che pensi… che andando lì ti ascolteranno?” ribatte lo zio.
– “A me no, ma non sarò mica da solo. Saremo in decine di migliaia a riunirci nell’ecosocial forum, a marciare l’1 e il 2 ottobre e a disobbedire in modo nonviolento.”
– “Posso venire?!” chiede mio fratello saltando dalla sedia e alzando in cielo la mano.
– “Ma che dici Davide? Milano è lontano” ribatte mia madre.
– “E vabbè, che ci fa? Prendiamo la bici!” risponde ingenuamente ma convinto mio fratello che ormai è venuto con me a tutti gli scioperi.
– “Ci sono delle persone che vengono in bici…”
– “Che idee gli metti in testa a tuo fratello più piccolo?!?”, mi grida mia madre mangiandomi con lo sguardo.
– “Aspe’ che hai capito? Mica partono dalla Sicilia. Sono gli attivisti di Torino. E anche i ciclisti della staffetta organizzata dai parents for future. Partono il 24 da Roma in occasione dello sciopero globale. Ah ecco, Davide, puoi andare allo sciopero globale di venerdì. Quello si terrà qua come in tutta Italia. Chiedi alla mamma se ti accompagna”.
– “Perché tu dove sarai?” mi chiede.
– “A Milano. Con lo zio. Parteciperò là, poi ci scambiamo le foto.”
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