Questo è quello che è successo a metà luglio in Germania. Più di 100 morti e 1300 dispersi. Questa si chiama crisi climatica.
Ma a Germania, Canada, Filippine, Madagascar, Uganda, Cina si è aggiunta anche la Sardegna. Le fiamme hanno lasciato dietro di loro 20.000 ettari persi e quasi 2000 sfollati. Un incendio senza precedenti.
La crisi climatica è qui: prende qualcosa che già esiste – come un incendio – e lo moltiplica in forza e frequenza. Per dieci, per cento. E se a questo si aggiungono poca prevenzione, piromani e incuria le cose non possono che peggiorare.
Ma le soluzioni sappiamo che ci sono.
Intanto adattamento: assumere personale, comprare canadair, fare sorveglianza, avere cura delle aree naturali, creare barriere verdi. Metterci attenzione e soldi.
Ma questo da solo non basta, perché l’aumento incontrollato delle temperature rischia di rendere inutile qualunque strategia di contenimento delle fiamme.
Oggi siamo a +1.2°C di riscaldamento globale. Con un aumento di +3°C le aree distrutte dagli incendi nella zona del Mediterraneo raddoppieranno secondo uno studio di Carbon Brief. Con ciò che ne deriva in termini di morti, sfollati, danni economici incalcolabili.
Abbiamo bisogno di investire massicciamente sulle rinnovabili, fermare immediatamente i combustibili fossili, rivoluzionare i trasporti e il modo in cui ci nutriamo, ridurre i consumi.
Il Ministro per la Transizione Ecologica ha promesso in una recente intervista di rendere la Sardegna 100% rinnovabile, un’oasi verde nel cuore del Mediterraneo. Ma promettere non basta. Non quando si prosegue con la folle metanizzazione dell’isola. Non quando i leader del G20 non riescono a trovare un accordo né per uscire dal carbone entro il 2025 né per contenere l’aumento delle temperature medie globali entro +1,5°C entro il 2030. È il momento di agire, ma sul serio.