L’Italia non è in prima linea nell’affrontare la crisi climatica, come ha detto il presidente Conte dopo l’incontro, né sta rispettando l’obiettivo di 1,5°C di aumento della temperatura dell’accordo di Parigi, che ha firmato.
Lunedì 19 ottobre sera Greta, Luisa, Adelaide, Martina e Laura hanno incontrato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
A luglio, le attiviste europee hanno inviato ai leader dell’Ue e del mondo una lettera aperta, firmata da 130.000 persone, le cui richieste sono state avanzate al premier Conte: stop a tutti gli investimenti e i sussidi ai combustibili fossili, uscita dal fossile, rendere l’ecocidio un crimine internazionale, e istituzione di budget annuali di carbonio vincolanti basati sui migliori dati scientifici disponibili.
Nell’incontro non c’è stata seria consapevolezza su cosa sia la crisi climatica, che non è mai stata menzionata né trattata come un’emergenza. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’Italia mirano a solo 40% entro il 2030, e non tengono conto di aspetti come i cicli di feedback o i “tipping points” né del principio di equità che fa funzionare l’accordo di Parigi a livello globale. Ora i fondi del Recovery Fund rischiano di essere buttati via in progetti e sussidi utili solo alle aziende e corporazioni più responsabili della crisi climatica e di ingiustizie sociali.
Non c’è una via di mezzo: bisogna eliminare le infrastrutture del gas e le campagne di greenwashing che le circondano per rispettare gli obiettivi di Parigi. Si tratta di scegliere tra il nostro futuro e i gasdotti.