Giustizia Climatica ed Equità: i retroscena agghiaccianti degli accordi sul clima e cosa significa stare entro 1,5°C

Da un tweet di Asad Rehman, direttore della ONG britannica War on Want – fighting poverty and injustice impegnato nei movimenti per la giustizia climatica, pubblicato in data 18 novembre 2020 ma sempre attuale e degno di diffusione.

Quando sento parlare di net zero entro il 2050, ripenso sempre all’ambasciatore congolese Patrice Lumumba (presidente del G77) alla conferenza sul clima di Copenaghen (COP15) nel 2009, quando disse che +2°C significava “la morte certa per l’Africa intera” e che rappresentava una sorta di “fascismo climatico”. Regno Unito, Unione Europea e gli Stati Uniti di Obama, col sostegno delle maggiori ONG occidentali, si opposero a +1/+1,5°C come obiettivo limite. 

L’ambasciatore, seduto in silenzio con le lacrime sul volto e la testa fra le mani, disse: “Ci state chiedendo di firmare un patto suicida” aggiungendo che all’Africa veniva chiesto di “festeggiare” quell’accordo in cambio di 10 miliardi di dollari. “10 miliardi di dollari non bastano nemmeno per comprarci le bare”. Era in corso una vera e propria colonizzazione dell’atmosfera.

Il nord del mondo vuole ignorare le sue emissioni storiche e permettere ai suoi cittadini di continuare a emettere, impedendo di fatto ai paesi dell’Africa di risollevare i propri cittadini dalla povertà. “Che destino, se dopo più di 500 anni di rapporti con l’Occidente veniamo ancora considerati come merce usa e getta..(…). Preferirei morire con dignità piuttosto che firmare un accordo che getterà il mio popolo in una fornace”. L’ambasciatore coniò gli slogan “One Africa, One degree” (una sola Africa, un solo grado), e “Two degrees is suicide” (due gradi è un suicidio). Era chiaro che i governi dei paesi più ricchi e le grandi ONG fossero più che sereni nel sacrificare il sud del mondo.

Ora, nonostante ciò che dice la scienza, l’urgenza che incombe e le conseguenze devastanti (del cambiamento climatico), ci viene detto che gli obiettivi fissati per il 2030 sono troppo radicali e che dovremmo essere più pragmatici. Ma gli attivisti antirazzisti e per la giustizia climatica non possono accettare di “gettare le popolazioni del sud del mondo nella fornace” supportando l’obiettivo net zero entro il 2050

Nel 2009 i paesi del sud globale esortarono i paesi più ricchi a tagliare le loro emissioni dell’80% entro il 2030 e a ripagare il loro debito climatico, perché già allora l’IPCC sosteneva che un aumento della temperatura media globale di 2°C avrebbe comportato un innalzamento di 3,5°C in tutte le regioni africane. Oggi la scienza afferma ancora più nettamente che è fondamentale non varcare la soglia di +1,5°C.

Attualmente, il Regno Unito è al sedicesimo posto nella lista dei più grandi emettitori al mondo e al sesto posto tra i responsabili delle emissioni storiche, responsabile da solo del 3,5% delle emissioni globali totali. Solo per rispettare la sua debita parte di abbattimento delle emissioni, secondo il budget in linea con 1,5°C, dovrebbe ridurre le sue emissioni del 200% entro il 2030, per arrivare a zero entro il 2030 e versare 1 trilione di sterline ai paesi più poveri.

Alcuni mi hanno chiesto di fornire qualche dettaglio in più su quello che è accaduto alla COP15 di Copenaghen (2009). Ecco qui: 

Dopo anni di negoziazioni da parte della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici per un trattato vincolante basato sulla Convenzione sul Clima e un secondo periodo di impegni secondo il protocollo di Kyoto, il quale stabiliva che i paesi più ricchi e maggiormente responsabili della crisi dovevano sottostare a obiettivi legalmente vincolanti ed erogare sostegni ai paesi più poveri, Stati Uniti, Regno Unito e Danimarca compilarono in segreto un documento finalizzato a far deragliare i negoziati sul clima, ignorando le responsabilità storiche, per permettere ai paesi più ricchi di non sottostare ad alcun obiettivo legalmente vincolante e di continuare a inquinare, consegnando la finanza climatica nelle mani della niente affatto democratica Banca Mondiale, da loro controllata. (http://www.theguardian.com/environment/2009/dec/08/copenhagen-climate-summit-disarray-danish-text )

I grandi enti filantropici, le maggiori ONG americane e del Nord insieme all’Unione Europea erano rimaste bloccate sul mantra di “Obama salverà il pianeta”, in vuoti appelli per una “stretta degli accordi” e una “azione per il clima”, ma con il principale obiettivo di bandire ogni critica nei confronti di Obama, a prescindere dal fatto che le sue azioni politiche fossero ingiuste o ignorassero l’evidenza scientifica. E mentre i paesi del Sud del mondo rifiutarono di accettare questo negoziato ONU, i paesi più ricchi passarono a maniere forti e corruzione con i paesi più poveri. I principali negoziatori provenienti dal Sud del mondo furono richiamati a tornare nelle proprie capitali; il primo ministro Etiope fu convocato a Parigi e gli venne offerta una tangente per minare l’unità del blocco Africano.

Alla società civile fu impedita la partecipazione ai dialoghi in corso, così da far mancare ai paesi più poveri un sostegno cruciale. E gli Stati Uniti si diedero allo spionaggio nei confronti delle delegazioni dei paesi in via di sviluppo. (http://www.theguardian.com/environment/2014/jan/30/snowden-nsa-spying-copenhagen-climate-talks)

Le nazioni del Sud del mondo non permisero ai governi del Nord di passare con la forza questo documento illegittimo. Ian Fry, il negoziatore di Tuvalu esortò i governi a non accettare la proposta: “Stamattina mi sono svegliato piangendo, il destino del mio paese è nelle vostre mani.” (https://www.youtube.com/watch?v=YgMTgQIDiFA )

Nei sei anni successivi con gli incontri di Parigi, gli Stati Uniti, sostenuti dall’Unione Europea e dalle ONG più istituzionali hanno infine ottenuto ciò che volevano con gli accordi di Parigi, ovvero nessun obiettivo vincolante, un indebolimento del principio di equità e degli impegni finanziari e un mondo avviato verso un aumento delle temperature di 3,4°C.

A mio avviso, il lascito di Obama in campo climatico è stato lo smantellamento delle politiche basate sulla scienza e sull‘equità. E così, quando dicono che è stato Trump il distruttore del clima… in realtà stava portando avanti quella politica di eccezionalismo americano di Obama. Il ruolo di Biden non sarà diverso, a meno che le ONG e gli enti filantropici americani non smettano di sacrificare i poveri del mondo.

Per maggiori dettagli a proposito della COP15 si veda:

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