Campagna StopEACop

COS’E’ IL MEGA PROGETTO DI EACOP E PERCHE VOGLIAMO CHE SACE E LO STATO NON LO APPOGGINO.

Cos’è questo megaprogetto?

EACOP (East African Crude Oil Pipeline) è un megaprogetto inquinante che dal lago Albert in Uganda si estende per 1.443 chilometri sino a Tanga in Tanzania. Oltre ad essere una delle opere infrastrutturali più grandi mai progettate in Africa, sarà anche una delle più distruttive per l’ambiente e sono già numerose le comunità locali e gli attivisti che chiedono di fermare l’ecocidio. Di fronte ad una simile devastazione, non possiamo esimerci dal chiedere al nostro governo e SACE di ritirarsi rapidamente da qualsiasi discussione sul sostegno finanziario a EACOP e alle infrastrutture associate.

Complessivamente, EACOP comprende tre progetti: Tilenga, Kingfisher e l’oleodotto.

Tilenga :
Consiste nella perforazione di 400 pozzi, di cui 132 nel parco naturale delle cascate Murchison su 34 piattaforme petrolifere, con una produzione prevista di circa 190.000 barili/giorno. Sarebbe in Uganda nord-occidentale, sulle rive del lago Albert, al confine con la RDC.
Comprende 160+ km di tubi tra i pozzi e un oleodotto di 95 km fino a Hoima, dove inizia l’oleodotto EACOP e dove verrà costruita dallo stato ugandese la nuova raffineria.
L’Operatore è Total Energies (partecipazione del 56,67%, in partenariato con CNOOC che ha il 28,33%, e UNOC 15%)

Kingfisher:
Prevede l’estrazione di 40.000 barili al giorno di petrolio, a sud del lago Albert.
L’operatore è CNOOC (stessa ripartizione che per Tilenga, dunque Total ha ancora una partecipazione di maggioranza,  nonostante non sia l’operatore)

EACOP: oleodotto per il greggio dell’Africa orientale

L’oleodotto riscaldato più lungo del mondo (riscaldato a 50 gradi perché il petrolio è viscoso), lungo 1443 km, dalla città di Hoima in Uganda al porto di Tanga in Tanzania. Trasporta circa 216.000 barili al giorno (picco di produzione). 400 km di oleodotto passano nel bacino del lago Vittoria, località da cui dipendono circa  40 milioni di persone in Africa orientale.

Il progetto è guidato da Total Energie (62%), in associazione con le compagnie petrolifere nazionali UNOC (Uganda, 15%) e TPDC (Tanzania, 15%) e la compagnia cinese CNOOC (8%)

Chi è coinvolto e in che modo?

Come sempre avviene in questi casi, a essere colpite maggiormente sono le persone più fragili di Paesi come Tanzania e Uganda, aree  da secoli vittime di un neocolonialismo sfrontato che colpisce gli abitanti e l’ambiente. Il megaprogetto colpirà direttamente la terra di 100.000 persone, che potranno usufruire di indennizzi solo dopo almeno 3 anni di attesa, con danni economici e sociali devastanti. Così come danneggerà direttamente le persone, avrà anche effetti devastanti su clima e ambiente, sia nell’immediato sia sul lungo periodo: la distruzione di ecosistemi spesso fragili e unici al mondo, soprattutto le zone umide, importantissime riserve ecosistemiche. In più, il progetto contribuirà con 34 milioni di tonnellate all’anno di CO2, un numero enorme equivalente a 6 volte le emissioni annue attuali dell’Uganda. Senza dimenticare che sia Tanzania sia Uganda sono Paesi sotto regimi autoritari, e con l’attuazione del progetto vedranno peggiorare la situazione sociale e politica, in un vortice di violenza e perdita di diritti delle persone. Un fenomeno che già stanno vivendo ONG e attivisti che si oppongono al progetto.

Quali conseguenze quindi sui diritti umani?

Molte persone si sono opposte al progetto, e tutte loro hanno conosciuto vari livelli di repressione: dall’arresto alle minacce, dall’attacco alle ONG a perquisizioni e rapine.

Ad esempio, 2 leader delle comunità ugandesi sono stati arrestati nel dicembre 2019 dopo il loro ritorno dall’udienza del Tribunale giudiziario in Francia. Grande repressione anche contro i giornalisti impegnati nella lotta al progetto.

A essere colpite sono state poi le ONG che si battono contro il progetto, come AFIEGO, Novoda e  ORGHA, con chiusura di uffici, perquisizioni, arresti e atti illegali, come rapine e minacce.

Perfino una missione diplomatica europea è stata fermata al confine a fine 2021, per non dare l’accesso alla zona.

Anche per questi motivi il megaprogetto non può essere approvato: non favorirà lo sviluppo della regione, bensì darà solo spazio a nuove misure repressive e neocolonialiste.

Quali saranno dunque i danni di ognuno dei 3 progetti ad ambiente e clima?

Ciascuno dei tre progetti avrà un impatto di diversa intensità su clima, ambiente e persone.
Tilenga prevede uno sfruttamento petrolifero senza freni nel cuore del parco naturale più grande dell’Uganda, con centinaia, se non migliaia, di viaggi di camion e con danni irreversibili al lago Albert, centrale per la vita delle persone dell’area. Simile la situazione del progetto Kingfisher, sempre sul lago Albert.
Per EACOP l’impatto è molto più devastante: si parla della distruzione irreversibile di habitat, parchi naturali, zone umide e riserve di biodiversità sia in Uganda che in Tanzania, oltre che di danni gravissimi al Lago Vittoria, dal quale dipende la vita di 40 milioni di persone. Si tratta quindi di rendere impossibile la vita a intere popolazioni, costringendole a spostarsi, quando già a causa della crisi climatica e ambientale conoscono le difficoltà di una terra sempre più inospitale.

Cosa c’entrano SACE e lo stato italiano?

La SACE, l’agenzia pubblica italiana per il credito all’esportazione, controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, potrebbe finanziare EACOP: durante la puntata di Presa Diretta intitolata “Petrolio, il tempo perduto”, andata in onda lunedì 27 settembre 2021 su RAI3, ha comunicato che la valutazione preliminare del supporto finanziario all’oleodotto è in corso d’opera. Notizia poi confermata a febbraio 2022 in risposta a 29 organizzazioni della società civile internazionale.

Quindi cosa chiediamo?

La dannosità del progetto risulta evidente. Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici, approvare nuovi progetti per petrolio o gas naturale significa rendere impossibile restare sotto i +1,5°C di aumento delle temperature globali medie rispetto alla media preindustriale. In sostanza, significa condannare l’umanità al collasso climatico ed ecosistemico. E, ironia della sorte, a essere colpite di più dagli effetti della crisi climatica saranno proprio  coloro che subiscono neocolonialismo e sfruttamento, come nel caso di quelle colpite da questo megaprogetto.
Dunque, se il governo italiano e SACE sono seri nel contrasto alla crisi climatica, chiediamo di ritirarsi rapidamente da qualsiasi discussione sul sostegno finanziario a EACOP e alle infrastrutture associate.

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