(Leah Thomas, 2020)
di Leah Thomas
Gli ambientalisti tendono ad essere persone ben intenzionate e progressiste, che credono nella salvaguardia del pianeta per le generazioni future. Comprano volentieri bicchieri riutilizzabili, indossano indumenti etici e difendono le specie a rischio; tuttavia, molti esitano a fare lo stesso per salvaguardare la vita dei Neri e potrebbero non aver ben chiaro perché invece dovrebbero.
Da ambientalista afroamericana, ho avuto difficoltà a capirne il motivo. Perché lottare per la mia dignità umana è considerato un optional, una sorta di appendice al concetto di giustizia climatica? Ho marciato insieme ad ambientalisti bianchi durante le proteste per il clima, ma mi sono sentita abbandonata da quella mia comunità di fronte agli atti di violenza ingiustificabile contro i Neri e le persone di colore. Non lo accetto più. È giunto il momento di esaminare i modi in cui il movimento Black Lives Matter e l’ambientalismo sono collegati.
Durante l’estate del 2014 ero tornata nella mia città natale di Florissant, nel Missouri, in vacanza dal college, quando un poliziotto sparò a Michael Brown, un adolescente nero disarmato, con almeno sei colpi di pistola, uccidendolo in una strada a poche miglia da casa mia. Il suo corpo rimase lì per ore, abbandonato, mentre la comunità cercava di ricostruire l’accaduto senza ricevere alcuna comunicazione dalle autorità. La tensione degenerò e scoppiarono delle rivolte. Poco dopo dovetti tornare in California per continuare i miei studi in scienze e politiche ambientali.
Trascorrere del tempo in mezzo alla natura durante le rivolte di Ferguson mi ha aiutato a elaborare il trauma di ciò che stava accadendo nella mia città natale, ma allo stesso tempo, mi sentivo in colpa. Mentre io ero in spiaggia o a fare escursioni, la mia famiglia e i miei amici erano in strada a schivare i lacrimogeni, a protestare e lottare anche per i miei diritti civili. Perché a me erano concesse l’aria e l’acqua pulita e la natura rigogliosa di Orange County mentre ad altre comunità in altri Stati, come quella di Ferguson, non erano garantite, né durante i disordini né a prescindere da quel momento?
Ogni volta che uscivo di casa e facevo un respiro profondo, pensavo a quelle poche ultime parole di Eric Garner, uguali a quelle recenti di George Floyd: “Non riesco a respirare”. Nel corso delle mie lezioni di scienze ambientali (in cui incontravo spesso perplessità da parte degli altri quando cercavo di affermare la necessità di proteggere le persone di colore) sono rimasta sconvolta quando ho scoperto dati molto concreti su quanto le comunità di colore fossero più esposte all’aria e alle condizioni ambientali peggiori. E ho capito che il mio lavoro poteva contribuire direttamente alla lotta contro il razzismo.
In uno studio del 2018 sulla qualità dell’aria pubblicato sull’American Journal of Public Health, i ricercatori hanno scoperto che “le persone non bianche avevano una probabilità 1,28 volte maggiore” e che i cittadini Neri “avevano una probabilità 1,54 volte maggiore rispetto al totale della popolazione” di essere esposti al particolato. (Il particolato è la combinazione di particelle solide e liquide nell’aria; quando queste piccole particelle vengono inalate, possono infiltrarsi nei polmoni e nel sangue e causare patologie gravi). Anche alcuni studi precedenti hanno evidenziato il nesso tra un maggiore livello di esposizione all’aria inquinata e l’appartenenza a una comunità di minoranza. Uno studio pubblicato nel 2016 su Environmental International ha dimostrato che alcune comunità di colore sono più esposte al particolato. Oltre a un’inferiore qualità dell’aria, nei quartieri di colore è anche più probabile trovare discariche legate al fracking petrolifero, che contribuiscono a peggiorare la qualità dell’acqua.
Parlando di cambiamento climatico e della frequenza crescente delle calamità naturali, Georgiana Bostean, una ricercatrice che si occupa di scienze, salute e politiche ambientali alla Chapman University conferma: “Gli impatti non sono distribuiti equamente tra tutta la popolazione”. A seguito dell’uragano Katrina, il danno maggiore fu subito dai “quartieri prevalentemente Neri, tuttavia, i soccorsi furono molto più lenti e inadeguati rispetto a quelli prestati ai quartieri prevalentemente bianchi e più agiati, benché questi ultimi fossero stati meno colpiti”.
Queste disparità stanno provocando crisi sia sanitarie sia ambientali che seguono lo schema della segregazione razziale che affligge varie comunità negli Stati Uniti. Il sistema di oppressione che ha causato la morte di così tante persone Nere è lo stesso sistema che ha perpetuato l’ingiustizia ambientale. Rendermene conto mi ha indirizzato verso il concetto di “ambientalismo intersezionale”, e mi ha spinto a introdurlo nei miei dialoghi tra ambientalisti, per accendere il dibattito e per mobilitare la comunità ambientalista a diventare antirazzista, e non essere più complice.
L’ambientalismo intersezionale è una versione inclusiva dell’ambientalismo, che si batte per la salvaguardia delle persone e del pianeta, individua i modi in cui le ingiustizie che colpiscono le comunità marginalizzate e la Terra sono interconnesse, evidenzia le ingiustizie perpetrate ai danni della Terra e delle comunità più vulnerabili, e non sottovaluta né sottace le disparità sociali.
Più tempo si aspetterà ad affrontare il razzismo, più difficile sarà salvare il pianeta, in parte perché l’energia e il tempo degli attivisti Neri si stanno esaurendo. L’attivista per la giustizia climatica inclusiva Mikaela Loach sottolinea che gli alleati dovrebbero “farsi avanti, per permettere ai Neri di investire la loro energia e il loro tempo nella creazione di soluzioni per la salvaguardia del clima”, anziché dover sprecare le energie per “giustificare la [nostra] presenza ad altre persone” negli ambiti prevalentemente bianchi dell’ambientalismo.
Ogni ambientalista deve esaminare le proprie responsabilità e compiere un lavoro interiore di antirazzismo, così da puntare alla giustizia sia climatica sia sociale. Impegnatevi anche voi per l’ambientalismo intersezionale seguendo l’Intersectional Environmentalist Pledge per saperne di più su quali passi potete intraprendere; leggete Black Nature: Four Centuries of African American Nature Poetry, la prima antologia di poeti afroamericani della natura, curata da Camille T. Dungy; ascoltate The Yikes Podcast , dedicati alla crisi climatica e ai diritti umani. (Questi sono solo alcuni esempi delle mie risorse e fonti d’ispirazione preferite, per iniziare). Nel futuro di questa lotta, dobbiamo insistere sull’ambientalismo intersezionale per salvare il pianeta e, insieme, salvare le vite dei Neri.
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Leah Thomas è un’attivista ambientalista intersezionale ed eco-comunicatrice del sud della California. È una strenua sostenitrice, e ricercatrice, del nesso tra giustizia sociale e ambientalismo.
Puoi seguire il suo lavoro su Instagram @GreenGirlLeah.
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Per gentile concessione dell’autrice. Traduzione a cura di FFF Italia.
https://www.vogue.com/article/why-every-environmentalist-should-be-anti-racist