11 giugno 2020
Originale qui (cliccare “Gerade nicht”)
di Katharina Schipkowski & Malte Kreutzfeldt
Il movimento per il clima deve radicalizzarsi? O piuttosto puntare a una più ampia alleanza? Un dibattito con Luisa Neubauer (Fridays For Future Germania) e Tadzio Müller (Ende Gelände, movimento di disobbedienza civile tedesco che occupa miniere di carbone per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla giustizia climatica)
TAZ: Signorina Neubauer, Signor Müller, la centrale Datteln 4 [n.d.t.: nuova centrale a carbone nel Nordreno-Vestfalia] è in regolare funzione da più di una settimana. Avete organizzato più volte le manifestazioni sul posto, eppure non è servito a nulla. Come andare avanti, dopo una sconfitta del genere?
Luisa Neubauer: Io non la vedo come una battaglia persa, bensì come un processo in corso. È importante continuare a opporsi e per via giudiziaria, e per mezzo di proteste. D’altronde il movimento per il clima ha fatto sì che la maggior parte delle persone ora condanni questa centrale. Anche questa opinione pubblica avrà un peso sulla politica futura.
Tadzio Müller: Però anche il risultato concreto conta. E si vede appunto, che in certi ambiti politici – come la politica estera e quella economica – non è l’opinione pubblica ad essere decisiva per le politiche adottate, lo sono altri interessi. Il passato anno ce l’ha dimostrato che non basta portare le masse nelle strade.
TAZ: Il 20 settembre scorso, proprio quando avete fatto una manifestazione con 1,4 milioni di persone, è stato varato il ridicolo Pacchetto Clima. Un vero schiaffo in faccia.
Lei che conseguenza ne trae?
Müller: Ho la sensazione che il movimento per il clima guidato da Fridays For Future si trovi a un bivio: continuiamo a fidarci del processo politico, oppure dichiariamo che questo sistema non fornirà alcuna tutela climatica, e cominciamo a infrangerne massicciamente le regole?
Neubauer: Io non la vedo così. Noi siamo un grande movimento eterogeneo. Fridays for Future è riuscita a creare una sensibilità senza precedenti per le questioni della tutela del clima e dell’urgenza della crisi climatica. Questa prospettiva, capace di portare il tema così in primo piano com’è oggi, è mancata a lungo. È chiaro che nella politica climatica spesso non si tenga conto dell’opinione della maggioranza. Ma il cambio di consapevolezza della popolazione ha determinato ad esempio a esiti delle elezioni europee molto differenti rispetto a quello che sarebbero stati, senza la primavera dei movimenti climatici. E anche a livello delle elezioni comunali si è visto che si può vincere in nome di politiche per la tutela del clima.
Müller:Sì, ma a che serve? Che vi sia un Kretschmann [n.d.t.: primo ministro del Baden-Württemberg, Bündnis 90/Grüne] in Baden-Württemberg o uno Tsipras in Grecia: io non vedo nessuna differenza nelle emissioni. Per le questioni, come questa, che riguardano il cuore del sistema capitalista, è abbastanza indifferente di quale colore sia il governo. Vuol dire che dobbiamo fare leva su punti cardine differenti da quello elettorale.
TAZ: Ma quali? Neanche la disubbidienza civile di Ende Gelände ha fermato Datteln 4.
Müller: Sono assolutamente pronto ad ammettere il fallimento della strategia da noi condotta fino ad ora. Contro l’energia nucleare le azioni simboliche hanno funzionato per cambiare l’opinione pubblica, e di riflesso la politica. Ma innanzitutto l’energia fossile ha tutt’altra rilevanza per il capitalismo di quanta ne aveva l’energia nucleare, e in secondo luogo il fronte opposto, guidato dal sindacato dell’industria mineraria, chimica ed energetica, è molto più organizzato oggi per bloccare le nostre strategie.
TAZ: E quindi?
Müller: Ci troviamo ad un punto in cui dobbiamo reagire ad una nuova situazione. Questa nuova situazione è determinata dall’effetto Coronavirus. Così come avvenne in occasione della crisi finanziaria ed economica [n.d.t.: del 2008], anche il lockdown ha mostrato che unicamente la riduzione delle attività economiche porta a rilevanti riduzioni delle emissioni. Per questo il movimento per la giustizia climatica deve impedire che queste vengano riportate di nuovo a regime.
Neubauer: Su questo punto tengo assolutamente a dissentire. Con il Coronavirus abbiamo visto delle estreme limitazioni della libertà. Le persone sono scivolate in problematiche esistenziali senza vedere alcuna tutela, è stato un disastro da un punto di vista di giustizia sociale. Una situazione del genere non può essere l’obbiettivo di un movimento per la giustizia climatica. Dobbiamo congegnare una “trasformazione” in modo che sia affrontabile per tutta la popolazione, e che si possa, nel migliore dei casi, tradurre in un’esperienza positiva. Non penso che si possa vincere sostenitori per la tutela del clima se gli si dice: “con le misure adottate per la pandemia le emissioni sono calate, facciamo il bis.” Di questi mesi io non conservo un ricordo di periodo particolarmente appagante, nonostante io appartenga di sicuro ad una fascia privilegiata.
TAZ: Signor Müller, quindi lei considera “lockdown forever“ come strategia adatta per organizzare una maggioranza a favore della tutela climatica?
Müller: Non utilizzerei questo slogan. Ma l’unica cosa che possa abbassare le emissioni a livello globale è la riduzione delle attività economiche. Non c’è nient’altro. Di conseguenza dovremmo iniziare a diffidare del capitalismo. Infatti all’interno di questo sistema, con questo incessante “più veloce, più in alto, più forte” non può esserci una tutela per il clima, perché questa crescita economica non è gestibile. E non esiste nemmeno la cosiddetta “crescita verde”. Per questo direi: manteniamo alcune cose così anche dopo il lockdown.
TAZ: Cosa per esempio?
Müller: Niente voli nazionali, e in generale molti meno viaggi aerei. Una produzione di auto molto ridotta, niente fracking. Centri città senza più macchine, e piste ciclabili pop-up. Dobbiamo puntare su queste parti del “mondo-coronavirus”, su quelle che sono buone idee sociali e ecologiche.
Neubauer: Beh, dalla fine del capitalismo alle piste ciclabili pop-up, è un bel salto…
Müller: Io non ho parlato della fine del capitalismo, ma della riduzione delle attività commerciali.
Neubauer: Però hai detto che all’interno del sistema capitalista non è possibile una vera tutela climatica. Ma anche per quello che riguarda la riduzione delle attività economiche vorrei controbattere. Abbiamo bisogno di una visione differente. L’attività economica consiste anche nel settore della cura delle persone, dell’istruzione, della salute e della cultura. Tutti questi settori sono a bassissime emissioni e inoltre contribuiscono enormemente al benessere delle persone. Per avere società felici in salute abbiamo bisogno proprio in questi settori di una forte attività economica. Dire in maniera generica che abbiamo bisogno di meno attività economiche non regge. Abbiamo bisogno di meno capitalismo fossile, di meno escavatori di carbone. Ma noi vogliamo che le persone sperimentino un benessere basato su una diverso concezione dello stesso.
Müller: Chi è questo “noi” ? Il movimento per la giustizia climatica deve avere interessi differenti di quelli della “Germania s.p.a”. Certamente ci sono settori che devono essere riattivati. Ma il concetto della “Germania s.p.a” non si basa sui settori della cura, quanto invece su quello iniquo, assurdo, ecologicamente e socialmente distruttivo dell’auto. Sulla vendita di macchinoni sempre più inquinanti, giganti, truccati. Questo settore lo dobbiamo attaccare in modo che non venga nuovamente ripristinato.
TAZ: Come dovrebbe avvenire?
Müller: Ende Gelände e altri elementi della parte radicale del movimento non sarebbero in grado di attuare un vero blocco efficace della produzione ed export di auto. Non abbiamo sufficiente legittimità sociale e siamo troppi pochi..
TAZ: … al contrario di FFF?
Müller: Esattamente. Per me è sempre stato chiaro, che il limite massimo di mobilitazione di Ende Gelände nei migliori dei casi si aggira intorno alle 10.000 persone. E questo non basterebbe a tale scopo. Ma Fridays For Future non ha un limite massimo di mobilitazione. Voi siete l’avanguardia politica di una nuova generazione, che puoi radunare dietro di sé ogni genere di persona. Voi non suscitate quel riflesso identitario difensivo della Repubblica Federale tedesca anticomunista. Voi avete la capacità di bloccare cose non con 6.000 persone ma con 600.000.
Neubauer: Non abbiamo un limite massimo di mobilitazione, perché noi rimaniamo disciplinati, se così si può dire, perché siamo affidabili. Ci si aspetta, che prima o poi noi ragazzi saremo così incazzati che porteremo le proteste di famiglie e della grande massa che abbiamo saputo creare, nelle miniere di carbone e nelle fabbriche di auto, che iniziamo a sabotare eccetera, cosa che gran parte della popolazione considera illegittima? Questo da solo però non ci aiuterebbe. Il cuore della nostra competenza è saper mobilitare delle masse e soffiare del vento in poppa, anche a movimenti come Ende Gelände, che praticano disobbedienza civile, ma anche per provvedimenti politici come la tassa sulla CO2, che fino a poco fa erano ritenuti impossibili.
Müller: Tutte cose prive di impatti per il clima!
Neubauer: Fridays For Future vive del fatto che la gente si fida di noi e che ha la sensazione che noi siamo quel movimento di protesta ampio dove puoi portare i tuoi bambini e i tuoi nonni. È vero che ad oggi non ha portato ad una riduzione delle emissioni, ma almeno a cambiamenti di politica che finora erano impossibili. Io appoggio la disobbedienza civile come azione simbolica quando la situazione lo consente. E anche Fridays For Future la sostiene. Ma io ritengo che la divisione dei ruoli nel movimento per il clima sia elementare. Non penso che in questo momento passerebbe la storia dei ragazzi che vanno in escalation perché hanno perso la pazienza di provare ad esigere il cambiamento dall’interno del sistema democratico.
Müller: La disobbedienza civile non è di per sé antidemocratica. E ci sono infatti anche altre posizioni all’interno di Fridays. Però certo, se FFF nel suo insieme chiamasse alla disobbedienza civile, ridurrebbe il suo potenziale di mobilitazione. Detto ciò, non basta spostare la società un po’ più verso la salvaguardia del clima. Io direi che: se si vuole creare una Germania climaticamente equa, prima che sia troppo tardi, bisogna agire più rapidamente e in maniera più radicale di quanto fatto fino ad ora – anche Fridays For Future. È ora di rischiare. Da leader politici quali siete diventati, vi tocca.
Neubauer: Quello che descrivi è un inasprimento del fronte fra noi e coloro che sostengono che “i radicali del clima ci vogliono portar via tutto”. Questo porterebbe ad un allontanamento delle persone. Mentre la forza di Fridays For Future sta proprio nell’essere riusciti a portare accordo fra due grosse correnti opposte. Abbiamo mostrato che la tutela del clima e i posti di lavoro non sono in contraddizione tra loro. Ecco perché, per esempio, ora intendiamo lavorare insieme a sindacati e alle associazioni sociali, per mostrare che l’ecologia e il sociale non sono in contrapposizione.
Müller:Che si riesca a raggiungere la giustizia climatica con una strategia che concili gli interessi di tutti lo trovo improbabile, considerando il fatto che il livello di benessere materiale al nord è troppo elevato rispetto a quanto sarebbe sostenibile in un sistema globale egalitario. Lo standard di vita tedesco dipende da un sistema globale iniquo. E i sindacati mandano dei bravi ecologisti ad incontrarsi con gli ecologisti, ma il cuore del loro compito rimane quello di sempre, e cioè di mantenere in attivo la “Germania s.p.a”. Questo significa che dobbiamo prendere di mira anche le stesse strutture di questa nostra Repubblica, e non illuderci di riuscire a far combaciare gli interessi di tutti, di poter ottenere la tutela del clima col sorridente consenso di tutti. La tutela dell’ambiente è materia da consenso di maggioranza, ma deve essere messa in relazione con altri temi altrettanto rilevanti – e cioè col tema dell’occupazione.
Neubauer: Non ci vedo nessuna contraddizione. Forse che in un mondo climaticamente giusto non ci sono posti di lavoro?
Müller:Certo che sì, ma in Germania è un dato di fatto che la grossa parte di questi dipende dall’industria dell’auto.
Neubauer: Ma non deve per forza essere così. Non è un modello statico. Ci sono anche settori a bassa emissione, in cui ci sono posti di lavoro.
TAZ: Qual’è la vostra strategia, signorina Neubauer, se non volete optare per i blocchi? Anche prima della pandemia si era perso slancio, per voi sarebbe assai difficile ora riportare in strada 1,4 milioni di persone.
Neubauer: Nell’ultimo anno abbiamo appurato quanto potere si genera dalle masse. Ma siamo ancora molto distanti da dove saremmo voluti arrivare. All’inizio di quest’anno abbiamo sperimentato come fare a causare un forte danno d’immagine ad un’azienda attiva a livello globale, cimentandoci con Siemens.
TAZ: Però anche in quel caso il risultato effettivo è stato nullo: la Siemens rimane coinvolta nel progetto carbonifero in Australia.
Neubauer: Ma in quell’occasione abbiamo costruito una nuova forma di potere. I capi d’azienda ora si pongono il problema: come possiamo impedire che Fridays For Future venga a cercarci?
Müller: Che gli amministratori delegati vogliano incontrarvi mostra tutta l’anima corporate della Repubblica Federale tedesca. I confronti a parole sono il tentativo di smorzare la pressione, così da non dover effettuare alcun cambiamento sostanziale. Ripeto: visto lo stringere dei tempi e vista la palese iniquità globale, il movimento per il clima nostrano deve rischiare di più. Per ridurre veramente le nostre emissioni, abbiamo bisogno di grandi numeri per la disobbedienza civile. E questo potrà avvenire solo dietro un appello accorato da parte di Fridays for Future.
Neubauer: Ribadisco: ritengo che una ripartizione dei ruoli sia essenziale. Servono persone che possano mobilitare la maggioranza e la sappiano ammaliare con le loro idee su un futuro climaticamente equo. Serve però anche una parte più ardita, cioè forze che facciano disobbedienza simbolica e materiale, che mostrano come può funzionare, come si fa a fermare qualcosa. Però la forza di Fridays For Future è che abbiamo fatto stringere un patto fra due narrazioni opposte. L’idea di un mondo climaticamente equo potrà avere successo solo se dietro vi è un racconto comune, un volere comune, e non che viene sostenuto solo da un piccolo gruppo. Anche le misure da Coronavirus sono state rese possibili solo grazie alla società più o meno coesa che le ha appoggiate.