La Torino-Lione è un crimine climatico

Da anni ormai si discute della realizzazione del collegamento ferroviario ad “alta velocità” (N.B: la velocità massima raggiungibile non supererebbe i 220km/h) tra l’Italia e la Francia, che collegherebbe Torino a Lione attraverso la Val di Susa. L’opera sarebbe composta da due tratte nazionali e una sezione transfrontaliera, in cui verrà scavato il tunnel di base di 57,5km.

L’opera è stata imposta dall’alto, senza tener conto delle istanze delle comunità locali, le quali sono state addirittura criminalizzate per aver espresso la loro contrarietà al progetto, che viene dipinto come “green” e “parte integrante del Green New Deal”, quando invece i dati dimostrano l’opposto. Se l’idea di base è quella di spostare l’inquinante traffico su gomma alla rotaia, nella realtà il trasferimento attraverso la creazione di questa nuova infrastruttura potrebbe essere ancora più dannoso in termini ambientali, come i numeri dimostrano.

Lo scavo del tunnel di base, infatti, comporterà l’emissione di circa 10 milioni di tonnellate di CO2, che, secondo le previsioni di traffico della stessa Telt, verrebbero recuperate soltanto nel 2055, cinque anni più tardi rispetto a quando dovremmo azzerare le emissioni stando agli Accordi di Parigi. Qualora invece le previsioni di traffico non si rivelassero corrette e si assistesse a un raggiungimento di solo il 50% dei traffici previsti, la compensazione della CO2 emessa non avverrebbe prima del 2080, non permettendoci dunque di rispettare in alcun modo i target climatici. Tale scenario risulta molto probabile, in quanto i dati relativi alle previsioni di traffico, come denunciato dalla Corte dei Conti Europea, risultano gonfiati e i benefici sopravvalutati, considerando anche che il traffico merci lungo il corridoio della Val di Susa è in calo da oltre 20 anni (sia su gomma che su rotaia).

L’impatto ambientale dell’opera è devastante non solo in termini di emissioni climalteranti, ma anche di inquinanti dispersi, biodiversità e perdita di sorgenti, considerando anche tutti quei cantieri connessi
all’opera, legati al trasferimento di impianti o attività altrove, per fare spazio alla nuova linea ferroviaria.

È appurato come i lavori di scavo del tunnel e il trasporto della roccia estratta su camion comportino un sensibile aumento degli inquinanti a livello locale (come particolato ed ossidi di azoto), con gravi conseguenze sulla salute degli abitanti della Val di Susa, come denunciato da oltre 300 medici, con l’aumento di tumori, malattie respiratorie e cardio-circolatorie. In particolare, nell’area in cui dovrebbe sorgere il nuovo autoporto di San Didero (connesso al megaprogetto della Torino-Lione), i lavori libererebbero in atmosfera le sostanze tossiche presenti nel suolo contaminato, quali PCB e diossine.

Riguardo la biodiversità, sono già stati abbattuti diverse migliaia di alberi e ne verranno abbattuti molti altricon l’allargamento dei cantieri, consumando suolo vergine e devastando interamente il delicatissimo ecosistema montano, che ospita anche specie in via di estinzione, come la Xerynthia Polyxena, una farfalla che vive in soli pochi km² della valle.

Enormi anche i danni alle sorgenti d’acqua: secondo un’analisi dell’International Consulting Group, con lo scavo del tunnel verrebbero intersecate numerose falde, comportando la perdita di centinaia di sorgenti d’acqua, indispensabili per l’approvvigionamento idrico, in un contesto di crisi climatica in cui la scarsità d’acqua sarà sempre più cronica.

L’alternativa a questa devastante opera esiste già ed è la valorizzazione dell’attuale linea ferroviaria (a doppio binario) che collega Torino a Lione, sulla quale transitano già treni TGV e Frecciarossa e che ad oggi è utilizzata solo al 15% della sua capacità e può dunque contenere tutto il traffico merci che oggi transita attraverso l’autostrada, anche qualora i volumi di merci raddoppiassero.

Il costo dell’opera è pari a 9,6 miliardi di euro (solo per la sezione transfrontaliera), una cifra spropositata e che andrebbe invece investita in opere più utili e urgenti, per ridurre drasticamente le emissioni di CO2.

È necessario abbandonare il paradigma della crescita infinita su un pianeta finito e iniziare a concepire il commercio in ottica sostenibile, su scala locale o macroregionale.

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