Giovedì 1 aprile è stata la giornata mondiale di ribellione contro la finanza fossile, organizzata da Extinction Rebellion1.
Il sistema finanziario globale e i fondi assicurativi continuano a investire massicciamente in società e progetti legati ai combustibili fossili, contribuendo ad aumentare la quantità di gas climalteranti immessi in atmosfera.
Il declino del settore, dovuto al costo ormai inferiore dell’energia rinnovabile, rappresenta una seria minaccia alla stabilità finanziaria mondiale.
Mentre il finanziamento del carbone si sta lentamente riducendo, crescono gli investimenti nell’industria del petrolio e del gas.
Nell’ultimo anno, sono aumentati del 34% gli investimenti nella ricerca ed estrazione nell’Artico e del 134% nella ricerca ed estrazione di petrolio e gas offshore.
Tra gli istituti italiani maggiormente coinvolti, spiccano sicuramente Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Come sottolinea Re:common, Intesa ha una policy molto debole sul settore del carbone e dell’oil&gas, e non ha pubblicato i dati relativi alle emissioni connesse ai propri investimenti.
Unicredit ha annunciato la data della sua uscita dal settore del carbone ma continua ad investire su petrolio e gas.
La catastrofe climatica ed ecologica, e quella economica e sociale che ne seguirebbe, incombono sul nostro futuro. Chi persiste in questo tipo di investimenti sta giocando con le vite e la salute di milioni di persone.
Aprire gli occhi sulla verità della crisi è doloroso, ma è solo inizio del processo per risvegliare la coscienza combattiva di tutt_ noi.
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