G20 a Roma, come è andata?

Il 30 e 31 Ottobre si sono riuniti a Roma governi del G20, i 20 Paesi del mondo che vantano di rappresentare i due terzi del commercio, l’80% del PIL mondiale, ma anche il 75% delle emissioni di gas serra globali. Queste giornate sono state ricche di notizie riguardo la conferenza e soprattutto di mobilitazioni cittadine per chiedere l’approvazione di questi 5 punti:

– Zero energia da fonti fossili compreso il gas: si continua a parlare solo di uscita dal carbone, senza alcun accenno all’uscita dal gas per il quale, invece, vengono costruite nuove centrali. Il #G20 deve prendere una posizione netta per tagliare questa fonte fossile e climalterante, anche in previsione della COP26.

– Piani reali di transizione e riconversione ecologica: è inutile proporre false soluzioni come il biogas, le biomasse o gli impianti di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). Anzi, è dannoso, perché non solo rallentano la vera transizione, ma fanno pensare che non sia necessario un cambiamento strutturale.

Cancellazione del debito dei paesi più poveri: va rinegoziato il debito dei paesi del Sud mondo per permettergli di agire sulla mitigazione climatica e sociale nel lungo termine.

Green fund a fondo perduto: il Green Fund, ovvero i 100 mld che le nazioni storicamente responsabili delle emissioni si sono impegnati a dare ai Paesi in via di sviluppo, deve essere a fondo perduto, non un prestito. È un fondo che i Paesi che si sono arricchiti inquinando e sfruttando quegli stessi Stati sono tenuti a dare in un’ottica di giustizia climatica, e che dovrebbe essere colmato tagliando i sussidi alle industrie fossili e inquinanti.

Chiudere il mercato dei crediti di carbonio: è la Wall Street delle emissioni, dove si scommette sul carbon budget residuo che segna il punto di non ritorno per l’umanità. Chiediamo di porre fine a tale mercato, che ha permesso alle grandi aziende di continuare ad inquinare in un sistema che ha alla base compensazioni delle emissioni false e colonialiste, sviluppate sulla pelle dei territori marginalizzati.

CLIMATE CAMP

Le centinaia di persone che sono venute da tutta Italia per partecipare alle mobilitazioni sono state accolte al “Climate Camp”. Questi attivisti e attiviste sabato mattina hanno bloccato l’arteria cittadina che conduce al vertice conclusivo del G20 e al Ministero della Transizione Ecologica.

“Denunciamo che quanto si sta decidendo, a porte chiuse, è inadeguato rispetto agli scenari catastrofici che vediamo delineati nel presente e nel futuro su questo questo pianeta.

Ieri in Canada e Cina, oggi in Sicilia, domani in qualche luogo del mondo.

Il 2 novembre inizierà la COP26 in Scozia. Gli stessi capi di stato si sposteranno lì, e il rischio è che si concluda con l’ennesimo rinvio fatto di promesse non vincolanti e accordi blandi.

Siamo qui perché c’è una catastrofe da fermare, ma è una catastrofe i cui responsabili principali hanno nomi e cognomi.

Non possiamo condividere una politica che costringe una parte del mondo e/o della società a pagare i costi della parte più ricca.

Ai G20 diciamo: da Roma a Glasgow le vostre soluzioni sono il problema!”

IL CORTEO

Malgrado le numerose chiusure di strade  e fermate metropolitane (ben 15), più di 40mila persone sabato 30 ottobre sono scese per le vie di Roma, con attivisti/e di Fridays For Future da tutta Italia e oltre! Insieme a noi movimenti, gruppi, realtà e persone che hanno aderito per chiedere azioni concrete e immediate, tra cui organizzazione ambientaliste, sindacati di base e i lavoratori e le lavoratrici della GKN!

Abbiamo ribadito che serve Giustizia Climatica per risolvere questa crisi.
Non possiamo risolverla allo stesso modo in cui l’abbiamo causata.

Giustizia climatica ora! 

 

GLI ACCORDI

Si sono raggiunti accordi su 3 punti:

Data della neutralità climatica a livello mondiale, e limite massimo di temperatura: Europa, Stati Uniti e altre nazioni già impegnate per emissioni nette zero al 2050 volevano portare a bordo tutto il G20.
Si è riusciti però solo ad abbassare il limite massimo da +2°C a +1,5°C ma che verrà raggiunto in un più generico “entro metà secolo”, accontentando Russia, Cina e Arabia Saudita che all’oggi puntano al 2060.
Addirittura tolte le espressioni “azioni rapide e immediate” dal comunicato finale.

I 100 mld per i paesi in via di sviluppo
Proposti ed approvati nel 2009 a COP15 di Copenaghen, non c’è ancora un risultato tangibile. L’Italia alza i suoi fondi a 1,4 miliardi annui – gli analisti dicono ne servirebbero 4 tra pubblico e privato – ma a livello mondiale ancora lontani da questa quota 100, che serve a finanziare il Green Climate Fund, ossia la transizione nei paesi in via di sviluppo.

Fuoriuscita dal carbone
Uno dei temi cruciali sarà la fuoriuscita dal carbone, il più inquinante dei fossili, ma su cui molte economie – soprattutto in Asia – puntano ancora molto.
Approvato per fine 2021 l’interruzione dei finanziamenti esteri al carbone, ma era un impegno già sottoscritto da quasi tutto il G20.

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