Fridays For Future torna in piazza contro il governo: dalla Palestina alla COP30 più fatti e meno parole vuote

Il 14 novembre, a sei mesi dall’ultimo Sciopero Globale per il clima Fridays For Future torna per le strade di tutta Italia per riportare al centro del dibattito un grande assente nel dibattito pubblico degli ultimi due anni: la crisi climatica.

“Dalla siccità in Sicilia fino alle alluvioni nel nord: il nostro paese ha attraversato un’altra estate da film distopico di fantascienza. Eppure non è di fantascienza che si tratta: negli ultimi 10 anni le morti per ondate di calore sono raddoppiate in Italia” afferma Simona Di Viesti di Fridays.

 

Da quando il movimento è nato 7 anni fa molte cose sono cambiate, oggi viviamo in un mondo in cui la transizione ecologica è una realtà, e si sta muovendo anche rapidamente. Ma allo stesso tempo la crisi climatica è peggiorata in modo tragico, sono stati raggiunti alcuni punti di non ritorno e sulle prime pagine dei giornali non si parla mai di queste cose. “La politica insieme a molti altri attori parla di clima in modo marginale, sembra di essere tornati a prima del 2019” commenta ancora Simona.

Questa manifestazione vuole mandare un messaggio chiaro ai governi del mondo: affrontate la crisi climatica oppure fatevi da parte. Le richieste sono le stesse dal 2022, quelle contenute nell’Agenda climatica redatta dal movimento prima che la coalizione di Giorgia Meloni vincesse le elezioni, ma il problema oggi è che nessuno sembra ascoltarle. Serve dare uno scossone, cambiare gli equilibri.

Da Trump al governo italiano, il bilancio fatto da Fridays è negativo: “Questi governi non parlano di clima perché metterebbe in pericolo gli interessi fossili da cui sono sorretti. Nell’amministrazione Trump, secondo il Guardian, si contano oltre 40 funzionari legati strettamente alle industrie di gas e petrolio” racconta Guglielmo Rotunno di Fridays. Ma anche in Italia la situazione è poco incoraggiante: “Tanto da portare la Corte di Cassazione a pronunciarsi. Re Common e Greenpeace hanno ottenuto una vittoria storica quest’estate nei confronti di ENI, MEF e Cdp: la Suprema Corte ha affermato che sono legittime le cause intentate per i danni derivanti dal cambiamento climatico” continua Guglielmo. Ma Fridays non dimentica il tragico contesto internazionale in cui ci troviamo, dalla Palestina fino ai crescenti conflitti in Europa che hanno portato ad un piano di Riarmo europeo che dirotta i fondi destinati alla riconversione ecologica.

Nello specifico il regime coloniale, genocida e di apartheid di Israele dipende fortemente dal sostegno energetico esterno per mantenere le sue operazioni. In risposta, i palestinesi hanno chiesto un embargo energetico totale per fermare il genocidio e contribuire alla liberazione della Palestina. Queste richieste di embargo energetico sono in linea con le richieste dei sindacati palestinesi di interrompere il sostegno all’apparato militare israeliano, un movimento che ha già acquisito un vasto slancio globale. Gli embarghi energetici oggi rappresentano uno strumento potente per far rispettare il diritto internazionale e costringere Israele a porre fine al suo regime coloniale e genocida.

Per questo Fridays for Future Italia aderisce alle richieste della campagna internazionale:

  1. Fermare tutte le esportazioni di energia verso Israele.
  2. Porre fine a tutte le importazioni di energia israeliana.
  3. Disinvestire dai progetti di estrazione e dalle joint venture con le società energetiche israeliane.

 

Nella striscia di Gaza la situazione resta drammatica e profondamente ingiusta, la pace raggiunta non rispetta l’autodeterminazione del popolo palestinese e rischia di assomigliare ad un colonialismo non dichiarato. Ma non solo: l’impunità verso lo Stato di Israele mette in discussione il diritto internazionale e il ruolo stesso delle Nazioni Unite, attaccate senza pudore dagli alleati di Netanyahu.

Tra 10 giorni inizierà la COP30, ovvero la trentesima Conferenza delle parti sul clima, che coinvolge quasi tutti i governi del mondo e sarà in Brasile. A organizzarla sono proprio le Nazioni Unite: “E’ necessario ribadire che la cooperazione tra popoli e paesi è l’unica strada. Ma non solo: questa COP deve portarci dalle parole ai fatti, dopo 30 anni tutti gli ultimatum sono scaduti: i governi del mondo devono agire oppure levare le tende” dice Mattia Catania del movimento.

Il 14 novembre Fridays For Future ci invita a “diventare marea”, per questa battaglia servono tutti e tutte: studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, giornaliste e giornalisti, movimenti, associazioni, sindacati. Una grande piazza per gridare al mondo che la crisi climatica esiste ancora e deve essere affrontata.

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