Le persone sfollate nel mondo a causa degli effetti dei cambiamenti climatici rischiano di diventare oltre un miliardo entro il 2050.
Nei prossimi 30 anni, se non daremo il via a una cooperazione globale, sarà sempre più difficile accedere al cibo e all’acqua. Di conseguenza aumenteranno i disordini civili, l’instabilità sociale e i conflitti. Gli impatti socio-politici ed economici non riguarderanno più solo i Paesi in via di sviluppo ma anche i Paesi occidentali “dove arriveranno i nuovi flussi migratori”, ha affermato Steve Killelea, fondatore dell’Istituto.
Riguardo all’acqua, secondo l’Ecological threat register, oggi nel mondo circa 2,6 miliardi di persone sono sottoposte a “stress idrico”, cioè hanno una limitata possibilità di accedere all’acqua potabile. Diventeranno 5,4 miliardi entro il 2040. Praticamente il doppio.
Nei prossimi 30 anni saranno soprattutto Libano, Singapore, Iraq e Israele a essere colpiti dalla scarsità di risorse idriche. “Questo provocherà ulteriori tensioni sui territori”, si legge proprio nel rapporto. Negli ultimi dieci anni il numero di conflitti legati all’acqua è già aumentato del 270% in tutto il mondo.
Dall’analisi dell’Institute for Economics and Peace -IEP-, think tank internazionale autore dell’Ecological threat register, sistema di valutazione che analizza quanto e come un Paese sia sottoposto al rischio di disastri naturali.
Bisogna continuare ad informarsi e combattere questo tipo di ingiustizie con tutti i mezzi a nostra disposizione.
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