Per il terzo anno di fila, fra gli sponsor principali del festival di Sanremo abbiamo la società ENI Plenitude!
Ma sarà vera la voce che la multinazionale di idrocarburi più conosciuta d’Italia stia investendo così tanto nella transizione ecologica per un futuro migliore?
Nonostante la sostenibilità di facciata, ENI ha intenzione di aumentare la propria produzione di idrocarburi del 3-4% per ogni anno fino al 2026 e, dopo tale data, mantenerla stabile fino al 2030. Un progetto assurdo e suicida considerato che ci troviamo nel decennio cruciale per la lotta ai cambiamenti climatici.
Nei piani di Plenitude la potenza rinnovabile installata dovrebbe raggiungere i 15 GW entro il 2030, un dato ridicolo se paragonato agli obiettivi di altre compagnie petrolifere, che puntano a raggiungere o addirittura raddoppiare i 50 GW entro lo stesso periodo.
Per rispettare l’obiettivo dichiarato di riduzione delle emissioni del 35% entro il 2030, ENI punta su due strategie: sviluppo e utilizzo delle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 attraverso progetti REDD+.
Ma anche questa sembra solo una colossale operazione di greenwashing: persino nell’ultima COP sono stati avanzati numerosi dubbi sull’efficacia e sui costi esorbitanti delle tecnologie CCS, mentre, per quanto riguarda i progetti REDD+, i piani per quanto importanti sono ancora insufficienti e le stime sulla riduzione delle emissioni troppo aleatorie.
Tali progetti suonano, quindi, come una presa in giro e sembrano mascherare l’assenza di qualsiasi iniziativa concreta per la transizione da parte della compagnia.
Eppure ultimamente sta venendo a galla la verità: nel 2020 l’Antitrust ha multato ENI per 5 mln di euro per pubblicità ingannevole sul biocarburante “ENIdiesel+” etichettato dall’azienda come green e sostenibile, nonostante fosse composto da olio di palma, la cui produzione ha un impatto devastante sulla deforestazione.
Eccoli dunque i lati oscuri del festival!