I colloqui sul clima in Egitto si sono conclusi domenica 20 novembre dopo una notte in bianco in attesa della riunione plenaria.
Com’è andata?
La COP27 ha compiuto un passo importante verso la giustizia climatica, con l’istituzione di un fondo per perdite e danni (il “loss and damage”) che verrà reso operativo nel prossimo periodo.
La spinta è venuta dai paesi MAPA più colpiti, stavolta con il sostegno dell’Unione Europea, che è riuscita a superare le resistenze di Cina e Stati Uniti.
Quasi nessun risultato invece per quanto riguarda la mitigazione, cioè gli impegni di riduzione delle emissioni per poter restare entro gli 1,5 gradi di aumento della temperatura.
Il testo finale parla per la prima volta di fonti rinnovabili, ma cita anche “energia a basse emissioni”: una buona tattica per considerare ancora il gas come fonte sostenibile.
Nessun fondo sarà in grado di riparare le perdite se non ci occupiamo di ridurre nettamente le emissioni.
Eppure non tutto è da buttare e le COP restano uno strumento essenziale, dobbiamo continuare a fare pressione.
Il loss and damage era impensabile solo fino a qualche settimana fa.
Da qui nasce la speranza, da qui riprende la lotta.
IN QUALE CONTESTO SI È SVOLTA?
Lanciamo un grido verso la Cop27: no climate justice without human rights.
Mentre si è svolta la COP27 a Sharm el-Sheikh decine di migliaia di attivistɜ per il clima e per la democrazia sono incarceratɜ ingiustamente, per volere del regime egiziano di Al-Sisi.
È inaccettabile che una conferenza in cui si decidono le sorti del nostro futuro sia organizzata in un paese che non rispetta i diritti umani e ha messo dietro le sbarre oltre 60.000 attivistɜ.
Siamo di fronte all’ennesima COP fallimentare, quest’anno dipinta di verde mentre dietro si cela il rosso del sangue dellə attivistə.
Una COP in cui non è possibile organizzare manifestazioni per mettere pressione sui decisori politici.
Una COP in cui sono presenti più lobbisti delle compagnie fossili che rappresentanti dei paesi più vulnerabili alla crisi climatica.
Una COP in cui l’Italia si nasconde dietro gli sporchi interessi di ENI nei giacimenti egiziani.
Non ci può essere nessuna giustizia climatica senza diritti umani!
Il 12 Novembre siamo scesi in piazza al grido #freethemall!
Chi paga per i danni causati dalla crisi climatica?
Ad oggi sono gli stessi paesi colpiti dalle catastrofi, che però in media hanno contribuito meno alle emissioni climalteranti.
Ma non può più andare avanti così: i paesi MAPA richiedono da tempo di creare una struttura finanziaria di Loss And Damage, per risarcire economicamente i paesi colpiti, intervenire per riparare i danni e far pagare i costi delle devastazioni ai paesi più ricchi e più responsabili.
Teniamo gli occhi puntati sulla COP affinché vengano presi impegni seri e ambiziosi per il Loss And Damage, non c’è più tempo da perdere.
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in collaborazione con Cambiamemento Climatico
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