Dichiarazione sulla COP 30 di Fridays For Future International

Ecco le richieste che supportiamo per questa COP 30:

Decisione finale: 

Chiediamo ai paesi partecipanti alla COP30 di impegnarsi a raggiungere una decisione finale per un percorso che porti all’eliminazione totale dei combustibili fossili. La formula di “transizione” della COP28 e la semplice “eliminazione graduale del carbone” della COP26 non sono più accettabili.

Chiediamo inoltre che vengano gettate le basi per un nuovo accordo che vada oltre l’Accordo di Parigi e risponda alle sfide del nuovo contesto climatico e politico globale, in modo da scongiurare il pericolo di superare in modo permanente il limite di aumento della temperatura di 1,5 °C.

Obiettivo finanziario:

Chiediamo che il NCQG sia aumentato a 1,3 trilioni di dollari all’anno entro il 2035 a favore dei paesi MAPA, anche per affrontare le perdite e i danni. Chiediamo l’accesso diretto ai finanziamenti affinché questi raggiungano effettivamente le comunità locali e le popolazioni indigene. È essenziale che i finanziamenti non comportino debiti e siano prevalentemente pubblici, che le barriere burocratiche siano ridotte al minimo e che il processo decisionale partecipativo sia rafforzato.

Cancellazione del debito:

Senza la cancellazione del debito, i paesi MAPA saranno costretti ad allocare i fondi per il clima e per le perdite e i danni a progetti che consentano loro di ripagare i debiti contratti con il Nord del mondo. Inoltre, i paesi MAPA stanno già cedendo la gestione delle loro aree naturali a paesi stranieri in cambio di una parziale cancellazione del debito, minando così la loro autonomia territoriale. Chiediamo la cancellazione immediata dei debiti del Sud del mondo e la fine delle politiche di austerità, affinché i finanziamenti per il clima possano essere utilizzati per una transizione ecologica autonoma e guidata dalle comunità, dai lavoratori e dalle popolazioni indigene.

Tassare i più ricchi:

Siamo favorevoli all’introduzione di un’imposta minima del 2% sul patrimonio dei centimilionari (Zucman), il cui gettito sarebbe destinato al finanziamento della lotta contro il cambiamento climatico e alla protezione delle foreste. Riteniamo inoltre che i paesi con maggiori risorse dovrebbero contribuire in modo proporzionale alla protezione dell’ambiente globale.

NDC 3.0:

I paesi devono rivedere i propri contributi determinati a livello nazionale (NDC) e includere misure e politiche concrete in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi. Non possiamo accettare impegni vuoti che, da un lato, promettono di abbandonare i combustibili fossili e, dall’altro, continuano la loro espansione o trascurano una transizione giusta. Inoltre, è essenziale che le indicazioni del primo Global Stocktake siano attuate.

Palestina:

Siamo al fianco della Coalizione palestinese COP30 e sosteniamo le richieste di un embargo energetico globale e della fine delle forniture di combustibili fossili a Israele, attraverso le quali i paesi stanno diventando complici di genocidio. Chiediamo la fine dell’apartheid idrica e della complicità dell’agroindustria. Israele non può partecipare alla COP30 come qualsiasi altro paese; le sue azioni devono essere condannate in ogni forum.

Perdite e danni:

I finanziamenti per le perdite e i danni devono coprire i danni materiali e immateriali che le comunità subiscono a causa della crisi climatica, con un fabbisogno minimo di 400 miliardi di dollari all’anno. Ad oggi, sono stati versati nel Fondo solo 402 milioni di dollari: meno dello 0,2% del fabbisogno. È necessario un Segretariato indipendente dalla Banca Mondiale, con una gestione trasparente e inclusiva e canali di feedback diretti con le comunità. Le politiche e i piani nazionali NDC devono integrare gli impegni in materia di perdite e danni. È necessario sostenere risposte rapide agli shock climatici, microprogetti e sovvenzioni su piccola scala, responsabilizzando i governi locali e le comunità. Si tratta di un obbligo legale e di giustizia, secondo i principi di equità e responsabilità comune ma differenziata. Dobbiamo andare oltre i contributi volontari, rendendo vincolanti gli impegni e ritenendo responsabili i maggiori inquinatori.

Adattamento: 

Nonostante i danni irreversibili causati dalla crisi climatica e la conseguente instabilità politica, i fondi stanziati per l’adattamento sono 12 volte inferiori al fabbisogno stimato di 310-365 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. Solo il 40% del finanziamento totale per il clima è destinato all’adattamento. Per invertire questa tendenza, è essenziale dare priorità alla governance inclusiva e alle soluzioni di resilienza climatica guidate a livello locale, integrando sistematicamente il genere, l’equità e la giustizia nei processi decisionali. L’adattamento non può ignorare un approccio incentrato sulla comunità, soprattutto in contesti in cui le conseguenze della crisi climatica amplificano le vulnerabilità preesistenti. L’Obiettivo Globale di Adattamento (GGA) deve essere trasformato in un quadro operativo con obiettivi quantificabili e misurabili. Gli NDC e i NAP devono essere attuati attraverso sovvenzioni, strumenti agevolati e non generatori di debito per evitare di aumentare le vulnerabilità e le disuguaglianze.

Transizione giusta: 

La transizione giusta non deve lasciare indietro nessuno. È la nostra occasione per ottenere posti di lavoro dignitosi, sovranità energetica e alimentare, comunità più forti e un pianeta vivibile per tutti. Non si tratta solo di energia pulita o industria verde; dobbiamo ripensare ogni settore – agricoltura, trasporti, turismo – senza dimenticare chi lavora nell’economia informale, nelle microimprese e chi è coinvolto nell’assistenza. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo bisogno di un meccanismo globale che promuova percorsi inclusivi, equi e incentrati sulle persone, applicando il principio delle responsabilità comuni ma differenziate. Dobbiamo cambiare le regole del gioco economico: modelli che riducano la povertà, tasse ambientali che colpiscano chi inquina (e poi ridistribuiscano le risorse) e la rottura degli accordi neocoloniali. Dobbiamo garantire finanziamenti nuovi, aggiuntivi, adeguati, non generatori di debito e prevedibili per questo meccanismo. E soprattutto, ascoltare i lavoratori e le comunità. Senza una partecipazione reale, non può esserci transizione. Per raggiungere questo obiettivo, la transizione giusta deve essere presa in considerazione negli NDC.

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