#NonFossilizziamoci

State scrivendo il Recovery Fund pensando agli anni Venti. Ma del Novecento

Finora i pacchetti di stimolo italiani sono stati pessimi dal punto di vista climatico: secondo gli ultimi studi sono stati i peggiori in Europa, e tra i peggiori del G20. Il Next Generation EU (in Italia chiamato Recovery Fund) delineerà i prossimi 70 anni: non può essere scritto solo da chi ora ha 70 anni.

Ecco sette punti che il governo deve includere. Fateci decidere sul nostro futuro!

State scrivendo il Recovery Fund pensando agli anni Venti. Ma del Novecento!

La crisi climatica è stata descritta come “una pandemia al rallentatore”. Entrambe infatti sono “invisibili” all’inizio. Entrambe riguardano l’intero pianeta e affliggono tutti, ma colpiscono le categorie più fragili con maggiore violenza. Per entrambe, le soluzioni coincidono con grandi cambiamenti su scala globale.

Ma la crisi climatica, oltre una certa soglia, è irreversibile. Se superiamo il punto di non ritorno non esisterà un “vaccino” in grado di salvarci. Ogni anno avremo perdite annuali del PIL italiano crescenti, che raggiungeranno l’8% nel 2100 (come spiega il rapporto del Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). Significa che rischieremo di avere ogni anno i danni economici che stiamo vivendo quest’anno a causa della pandemia!

Ci troviamo quindi di fronte ad un punto cruciale: non possiamo credere di risolverla continuando con il business as usual. Nonostante questo, i pacchetti di stimolo finora approvati dal nostro paese sono stati i peggiori in Europa dal punto di vista della transizione ecologica, e tra i quattro peggiori di tutto il G20 (insieme a USA, Giappone e Australia).

Perché solo sette anni?

Tra sette anni avremo esaurito il budget di CO2 che ci dà il 67% di possibilità di limitare il surriscaldamento globale entro +1.5°C rispetto ai livelli preindustriali. La comunità scientifica ci dice chiaramente che un mondo più caldo di oltre 1.5 o 2°C mette a rischio le nostre stesse condizioni di vita, e neanche le migliori tecnologie ー che comunque non abbiamo ancora sviluppato ー potranno invertire i processi che si innescheranno. 

Nell’Accordo di Parigi vi siete impegnati a rispettare questo limite. Ma le emissioni stanno continuando ad aumentare, e la finestra di tempo che ci resta sta per chiudersi. Dobbiamo agire adesso se vogliamo avere una chance di risolverla.

Poche idee, ma ben confuse: Italia la peggiore in Europa

È questo il messaggio del Green Stimulus Index elaborato da Vivid Economics, che analizza in quale misura i pacchetti di stimolo post Covid dei vari paesi favorirebbero la transizione ecologica. Per l’Unione Europea il GSI è relativamente alto, intorno ai 40 punti. L’Italia però, tra i paesi analizzati, è quello con le performance peggiori: il suo GSI è addirittura negativo: meno 16 punti, il peggiore in Europa e tra i peggiori di tutti i paesi del G20 (insieme a Giappone, Australia e USA). 

Questa situazione vergognosa deriva da tre aspetti: non sono stati finanziati i settori di ricerca e sviluppo nel campo delle tecnologie sostenibili; non si è investito nelle “Nature-based Climate Solutions” (“soluzioni basate sulla natura”); si è concesso un salvataggio ad Alitalia senza condizionalità sulla decarbonizzazione. Le uniche eccezioni sono l’Ecobonus al 110% e gli incentivi ai piccoli Comuni per l’efficientamento energetico, nel Decreto Crescita (qualche decina di milioni). Briciole.

Se piove di quel che tuona…

L’Italia con i suoi piani di stimolo ha fatto poco o nulla. L’ultima occasione di invertire la rotta è data dal Next Generation EU (che in Italia ci ostiniamo a chiamare Recovery Fund): a livello europeo il 37% dei fondi sarà destinato alla transizione ecologica. Ma i primi progetti che trapelano sono la rappresentazione più classica del business as usual.

Eni avrebbe chiesto 12 miliardi di euro per la realizzazione dell’impianto di stoccaggio di CO2 a Ravenna, nel mar Adriatico, per produrre idrogeno blu (cioè da fonte fossile). Il ministero dei Trasporti sembra intenzionato a chiedere diversi miliardi per completare o costruire nuove autostrade. Ad alcuni territori potrebbe anche essere accordata una corsia preferenziale nell’uso dei fondi europei per realizzare inceneritori. Non possiamo continuare così: investire nel fossile non solo non è più accettabile, ma non è nemmeno economicamente vantaggioso! 

Da dove partire? Il PNIEC è imbarazzante

Per dare all’Italia una strategia chiara verso la decarbonizzazione, sarà fondamentale rivedere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, ad oggi ampiamente insufficienti, attribuendo a questo strumento risorse e norme finalizzate alla conversione verso il 100% di energia rinnovabile. Così come bisogna specificare meglio i pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che per ora parlano solo di una vaga “rivoluzione verde”: oltre al fatto che “verde” non significa nulla di per sé, essi vanno spesso nella direzione opposta, continuando a garantire finanziamenti ad opere e infrastrutture che non hanno nulla a che vedere con la mitigazione delle emissioni. 

7 punti che non devono mancare

La nostra campagna Ritorno al Futuro condivide molti degli obiettivi proposti da importanti associazioni italiane (Legambiente, Kyoto Club, Forum Disuguaglianze e Diversità, tra le altre). Abbiamo individuato sette proposte imprescindibili, senza le quali nessun Next Generation EU potrà definirsi davvero tale.

  1. Fonti rinnovabili: i finanziamenti del Recovery Fund vanno utilizzati per realizzare impianti eolici offshore e onshore, investire nel fotovoltaico, favorire le comunità energetiche e l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Bisogna eliminare i 18 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi e approvare una carbon tax i cui proventi vengano utilizzati in ottica redistributiva. L’obiettivo dev’essere arrivare a 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030.
  2. Consumi energetici: ridurre del 50% i consumi energetici del patrimonio edilizio pubblico e privato. Accelerare gli interventi di efficienza energetica su scuole, ospedali, uffici pubblici, edilizia sociale; semplificazione amministrativa degli interventi di riqualificazione energetica e sostituzione di edifici con prestazioni di Classe A.
  3. Mobilità sostenibile: finanziare l’elettrificazione delle linee ferroviarie per il trasporto di merci e persone; rilanciare le infrastrutture di mobilità sostenibile (trasporto pubblico, sharing, colonnine di ricarica) nelle aree urbane. Entro il 2030 ecco le grandi opere che proponiamo: 200 km di metropolitane, 250 km di servizi tramviari metropolitani, 5.000 km di percorsi ciclabili e nessuna infrastruttura stradale che sia in competizione con queste per il trasporto di merci e persone.
  4. Riconversione industriale: investire nei settori industriali strategici della  decarbonizzazione con priorità ad automotive elettrico per la mobilità pubblica, batterie, idrogeno verde, elettrificazione e digitalizzazione dei porti e del trasporto pubblico locale.
  5. Adattamento al clima dei territori: finanziare piani e interventi di adattamento climatico nei territori idrogeologicamente vulnerabili. Rafforzare le attività di monitoraggio degli impatti sanitari dei cambiamenti climatici. Concludere il piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico. 
  6. Diamo sostegno alla ricerca pubblica e privata per nuovi prodotti e produzioni bio circolari, destinando posti di lavoro riservati e garantendo il sostegno alla specializzazione dei giovani. Parallelamente, dobbiamo ridurre i ritardi e i divari digitali che ostacolano l’affermazione di attività economiche e comportamenti sostenibili.
  7. Rafforzare il modello agroecologico: incentivare la transizione ad un modello agricolo che non alteri il clima, che valorizzi le risorse locali (filiera corta) e il biologico e qualifichi l’agricoltura integrata, promuovendo inoltre stili alimentari a base vegetale. Bisogna invece disincentivare l’importazione di prodotti responsabili di deforestazione. L’Italia deve quindi porsi obiettivi più ambiziosi di quelli della Politica Agricola Comune europea.

Si chiama Next Generation EU, non Old Generation

Il Next Generation EU delineerà il futuro dei prossimi 70 anni: non può essere scritto solo da chi oggi ha 70 anni. Saranno i giovani a subire le peggiori conseguenze della crisi climatica causata dall’inazione della politica, e per questo è nostro diritto essere inclusi nella stesura del piano.

Inserire la parola “green” nel Recovery Plan non significa agire per il clima. Non ci importa quante volte la ripetete. Ciò che ci importa è vedere degli obiettivi chiari, e che vengano raggiunti. D’altronde, quando noi studenti facciamo un esame, non ci viene chiesto quante ore abbiamo passato sui libri, ma di dimostrare che abbiamo raggiunto dei risultati e appreso gli argomenti.

Il tempo sta scadendo. Questa è la nostra ultima possibilità.

Tutto il resto è propaganda.

#NonFossilizziamoci

FirmA ANCHE TU!

I COMMENTI

Don Luigi Ciotti Gli amici di Fridays For Future lanciano un grido d'allarme: il futuro che ci aspetta rischia di essere un tempo "non abitabile" a causa degli errori, delle sottovalutazioni e delle speculazioni di oggi. In un'epoca caratterizzata dall'individualismo ad ogni livello, i giovani guardano alla vita con la mente aperta di chi ne riconosce il carattere plurale e inclusivo. Per questo le loro speranze alimentano la speranza di noi tutti.
Forum Disuguaglianze e Diversità Hanno ragione. La lettera del movimento Fridays for Future coglie in pieno il cuore del problema. Di fronte alle opportunità che il Piano di Ripresa e Resilienza prospetta, l’Italia è in ritardo nel mettere a fuoco i nodi strutturali che vanno affrontati e risolti in una prospettiva di medio e lungo periodo. Servirebbe lungimiranza, invece “State scrivendo il Recovery Fund pensando agli anni Venti. Ma del Novecento” denunciano. Ed è questo il grande rischio.
Carlo Petrini Non parole vuote, ma sostanza. Non un verde di facciata, ma una conversione paradigmatica che cambi le basi del nostro modello di sviluppo. Una politica capace di immaginare un futuro diverso e di impegnarsi concretamente per chi abiterà il pianeta di domani. E' ora di fissare obiettivi chiari e di coinvolgere i giovani nella scrittura del loro futuro: ascoltiamo la loro voce e non sprechiamo anche questa opportunità.
Francesco Ferrante (Kyoto Club) Il Next Generation EU è una grande opportunità per dare concretezza al cosiddetto "Green New Deal" e avviare la riconversione ecologica della nostra società. In questo modo potremo rilanciare l'economia, creare occupazione e costruire una società più giusta. Eppure, ancora oggi, si continua a incentivare le fonti fossili. Bisogna avere coraggio: è ora di uscire dall'era del fossile e entrare nell'era delle rinnovabili. Non perdiamo questa occasione di costruire un futuro più sostenibile, più giusto e più equo per tutti.
Maurizio Pallante (Sostenibilità Equità Solidarietà) L'associazione “Sostenibilità Equità Solidarietà” condivide sia il giudizio critico che il movimento Fridays For Future ha formulato nei confronti del documento in cui il Governo italiano ha definito le linee guida del Next Generation EU , sia le proposte di concentrare gli investimenti nelle scelte di politica economica e industriale che consentono di non superare un incremento della temperatura media terrestre di 1,5 – 2 °C rispetto ai valori pre- industriali.
Claudio Cassardo (Università di Torino) Nella tragedia di questa pandemia ci viene offerta un'occasione unica per dare inizio ad una svolta verso un modus vivendi che rispetti l'ambiente. Il Recovery Fund è un'opportunità enorme, a patto che gli interventi non siano solo di facciata. E purtroppo quanto emerge dai provvedimenti legislativi non sembra andare nella direzione auspicata. Questa lettera, anche se io l'avrei scritta in modo diverso, ha il pregio di evidenziare questi aspetti e sollecitare azioni più incisive, e per questo motivo mi sento di condividerne i contenuti.
Alessio Papini (Università di Firenze) Sorprendentemente le richieste contenute nella lettera sono in linea con quelle che si fanno ormai da almeno 30 anni per cambiare le cose in meglio, sia dal punto di vista del clima ma anche dal punto di vista di riottenere una indipendenza energetica dalle fonti fossili, che in ogni caso prima o poi finiranno.
Emanuele Leonardi (Università di Parma) E' importantissimo agire immediatamente, a partire dalla maturità raggiunta dal movimento per la giustizia climatica.
Ruggero Ridolfi (Medico ISDE) Le indicazioni e le richieste di FFF vanno esattamente nella stessa direzione delle istanze di chi lotta contro l'inquinamento ambientale e per la prevenzione primaria di tumori, malattie degenerative e della riproduzione.
0

Firme Totali

0

Scienziati Firmatari

0

Risposte dal Governo

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!